giovedì 6 aprile 2017

I tratti distintivi del processo Deliberativo

I tratti distintivi del processo Deliberativo secondo Lewanski sono:
1) uguaglianza: i partecipanti sono posti su una base di parità e la struttura all’interno della quale avviene l’interazione discorsiva mira, per quanto è possibile, a eliminare le asimmetrie di potere, che pure esistono fra i partecipanti, ad esempio in termini di conoscenze e di capacità. È escluso il ricorso al potere coercitivo; le interazioni discorsive si basano unicamente sulla forza persuasiva degli argomenti prodotti. Peraltro, se la teoria deliberativa sostiene che la DD può contribuire a ridurre le disuguaglianze sociali, alcuni temono all’opposto che le differenze nelle capacità di argomentazione possano andare a scapito degli strati emarginati della società; per questo motivo negli ultimi anni la teoria deliberativa ha rivalutato anche aneddoti e storie, spesso emotivamente cariche, che riportano esperienze personali, nonché gli interessi materiali dei partecipanti.
2) Deliberazione: l’interazione basata sullo scambio di argomenti e sull’attenta analisi dei possibili corsi d’azione implica una forte componente razionale e la ricerca delle scelte “migliori” e più efficaci. Fra l’altro, dovendo giustificare le proprie posizioni, l’interesse egoistico è in qualche misura compresso.
3) Dialogo: la deliberazione si basa sulla comunicazione interpersonale in forma di dialogo esplorativo. Dialogo significa “parola tra”, un flusso di significato che scorre tra persone. Non è quindi una conversazione qualsiasi, e tanto meno è un dibattito (che significa letteralmente “battere completamente”). Il dialogo è un’interazione discorsiva, in cui i partecipanti forniscono argomenti e ragioni a sostegno delle proprie posizioni, in un contesto di rispetto delle rispettive idee e posizioni (ascolto attivo). Il dialogo porta al rispetto e, in condizioni di conflittualità accesa, alla umanizzazione dell’altro; può chiarire differenze e incomprensioni, mettere in chiaro fatti, elaborare dilemmi etici.
4) Consenso: la deliberazione costituisce una forma di processo sociale i cui partecipanti possono modificare le proprie opinioni nel corso dell’interazione; un dialogo efficace può quindi portare alla trasformazione delle preferenze, o quanto meno alla comprensione delle ragioni altrui, e potenzialmente all’individuazione di scelte condivise.
5) Inclusione: tutte le voci della comunità debbono poter farsi sentire ed essere ascoltate. D’altra parte, tradurre in pratica questo principio si imbatte in un ostacolo: non è possibile far partecipare tutti i cittadini, neppure in una comunità di dimensioni ridotte, se si vuole che tra di loro avvenga un processo dialogico. Di fatto possono essere utilizzati due distinti approcci, che si possono etichettare per comodità come selezione rappresentativa e autoselezione. Nel primo caso si cerca di far partecipare al processo un campione casuale di cittadini che sia il più possibile rappresentativo della popolazione complessiva sotto il profilo socio-demografico (genere, età, area di residenza, ecc.). Nel secondo caso invece la partecipazione è aperta: chiunque sia interessato al tema può prendervi parte. È chiaro che seguendo questa seconda modalità parteciperanno i cittadini “attivi”, interessati cioè alla cosa pubblica, oppure alla specifica decisione; in ogni caso, i partecipanti sono rappresentativi solo di se stessi, il che va a detrimento della legittimità del processo e del suo esito. Viceversa, un campione rappresentativo (detto minipubblico) conferisce maggiore legittimità al processo e al suo esito, perché in grado di fornire l’opinione informata che maturerebbe l’intera popolazione se avesse la possibilità di partecipare.
6) Influenza: la partecipazione dialogico-deliberativa, per quanto democratica, non è un esercizio fine a se stesso: mira a esercitare un qualche grado di influenza sulle scelte. Prendiamo come riferimento la “scala della partecipazione” (www.iap2.org), composta da 5 “gradini”, dal più basso al più alto: informare, quando gli amministratori si limitano a fornire informazioni ai cittadini affinché abbiano una migliore comprensione di una questione; consultare, quando si dimostrano disponibili ad ascoltare e richiedono i commenti dei cittadini; coinvolgere, operare insieme ai cittadini, le cui opinioni sono tenute in qualche considerazione, ma senza impegno; cooperare, identificare e scegliere insieme ai cittadini tra diverse opzioni impegnandosi a tenerne conto; e capacitare (empower), cioè mettere in atto le scelte decise insieme. Su questo crescendo di partecipazione, il tratto distintivo della “influenza” si colloca sul gradino più alto dei processi, ovvero quello della co-decisione dei cittadini con le autorità, o quello dell’empowerment, in cui sono i partecipanti ad assumere le decisioni.

[Lewanski Rodolfo, La democrazia deliberativa in “Aggiornamenti Sociali”, (dicembre 2012), pp. 885-889]
Rodolfo Lewanski, La democrazia deliberativa - Nuovi orizzonti per la politica (in pdf), in Scuola di Formazione all’Impegno Sociale e Politico, Aggiornamenti Sociali 12 [2007] Studi e ricerche
tratto da 1.2.3 DEMOCRAZIA DELIBERATIVA (in pdf)

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